” …Se ci s’impegna in un’attività nella quale contano, insieme alla tecnica agronomica e al lavoro di campagna, spiritualità, educazione, pratiche manuali, capacità di osservazione e confronto col pubblico, non si può pensare a priori di far prevalere una delle due entità. Nel lavoro è doveroso perseguire una bellezza completa...”
Parte dell’intervento di Sandro Sangiorgi
Sandro si avvicina al tavolo, mi porge una bottiglia mezza piena di Cuvée Juliette Robinot..”avvina i bicchieri con questo”, mi dice.. “Gulp!”..li avvino, e non solo… Mentre fisso l’etichetta di questo capolavoro, col naso “ficcato” nel calice ad “annusare” la leggenda Jean-Pierre Robinot, Sangiorgi comincia a parlare dell’inscindibilità della forma e della sostanza. I calici cominciano a riempirsi, la concentrazione aumenta, le nostre cinque vie d’accesso del mondo dentro di noi hanno le “antenne puntate”. Il discorso finisce, l’attenzione si sposta sui calici, il silenzio cala..venti minuti con noi stessi, “poi ci confrontiamo”, dice Sandro. Si parte dai rossi. Osservo, annuso, inspiro-espiro, assaggio, ancora ed ancora; decido, mi contraddico, vado avanti, torno sui miei passi..i venti minuti volano.
Comincia il confronto, quello che è piaciuto e quello che non è piaciuto nei vari vini, e perché. Il vino preferito (per la stragrande maggioranza) è il no.5, seguito dal no.6, poi il no.4 e via-via gli altri. Non starò a fare noiose descrizioni dei vini ma, per quanto mi riguarda, i rossi (1-4), ad eccezione di un interessante no.4, non mi hanno conquistato, mentre tra i bianchi (5-8), il primo è quello che mi ha convinto di più. Si trattava di un vino dal colore dorato carico e dai profumi fruttati di albicocca e miele, di spezie e di zucchero filato, “avvolto” da una marcata mineralità e grande equilibrio olfattivo che mi ha “spedito” dritto in Slovenia. Grande freschezza e sapidità in bocca ma anche calore alcolico che, amalgamati magistralmente, danno un sorso equilibrato e lungo. Avevo pensato addirittura di aver individuato il vino, il Sauvignonasse (Tocai) di Mlecnik; naturalmente mi sono sbagliato. Il vino no.6 era pure molto interessante, ma è arrivato secondo nelle mie preferenze per via di una volatile un po’ pronunciata. Infine il no.7 mi ha lasciato perplesso per la mancanza di equilibrio (mia modesta opinione). Alla fine abbiamo conosciuto i vini in degustazione.
1.Trinchero – Barbera d’Asti “Terra del Noce” 2010
2. Fattorie Romeo del Castello – Etna Rosso “Allegracore” 2013
3. De Fermo – Montepulciano d’Abruzzo “Prologo” 2011
4. Campi di Fonterenza – Brunello di Montalcino 2010
5. Paolo Bea – Trebbiano “Arboreus” 2010
6. Cantine Giardino – Fiano “Gaia” 2012
7. Panevino – “Alvas” 2012
8. Vodopivec Vitovska Anfora 2011
Καλά θυμόμουν ότι έχεις δοκιμάσει το Gaia. Εχθές ήπια ένα του 2009, μπορώ να χρησιμοποιήσω την λέξη Θεϊκό; !!